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Lavoro a Bursa


Take me home

/*Riportatemi a casa*/  
bursa turchia «Turchia, opportunità perdute, lo yogurt ritrovato a Bursa, poche turche e molte occidentali, tutti cantano e battono le mani all'unisono.»
 

Last modified: Dec 25, 2005 (Created: Dec 4, 2005)
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Bursa (Turchia)

Bursa 4.12.05

Arriviamo in albergo alle 23. Non male per essere partito 8 da Qui. Qui-Caselle, Caselle-Francoforte, Francoforte-Istanbul, Istanbul-Bursa (con attraversamento del Marmara in traghetto).
Quando la mattina tra nebbia e gelo parto da Qui ancora non mi è chiara la disposizione geografica di ciascuna delle mie mete finali e intermedie. Sfruttando le appendici della rivista Lufthansa mi accorgo che il passaggio da Francoforte si allunga notevolmente il percorso.
Calcolo che Istanbul è all'altezza di Napoli, che supero di poco verso est la longitudine di Capo Nord, che mi troverò alla fine del viaggio in Asia. A parte Napoli, gli altri due punti costituiscono i record della gita.
Ho con me molti Euro e dei Dollari. Dalle informazioni raccolte prima di partire ho intravisto una succulenta opportunità di speculazione pagando il visto di ingresso in dollari anziché in euro, che fallisce miseramente, a seguito dell'adeguamento del cambio.
L'aeroporto è pieno di poliziotti. Un paio di sconosciuti mi scavalca noncurante nella fila. Cerco di capire quali sono le nuove regole di ingaggio della rissa da mancato rispetto della coda, e sopratutto se in Turchia l'inglese è la lingua più idonea, ma giunge subito il mio turno. Dopo aver ottenuto il bollo, supero il confronto con il poliziotto giocatore di poker che analizza i miei documenti senza trasparire emozioni, sospetto o approvazione.
Ci attende l'autista inviatoci dal cliente.
Le prime impressioni sono, a parte i poliziotti, quelli di un aeroporto immesso e poco frequentato. Bisogna tenere presente che sono le 20 di domenica. Ora che siamo sul pulmino ci troviamo a percorrere un'autostrada nel mezzo delle luci di periferia della città, per nulla dissimile da quelle delle nostre, con centri commerciali, distributori, negozi di automobili. Le automobili sono per buona parte le stesse che circolano in Italia, magari con una età media superiore. Al posto delle chiese cristiane vi sono moschee col minareto a testimonianza di una percentuale di musulmani del 99.98 per cento.
L'autista è a dir poco disinvolto, in linea con lo stile di tutti gli altri autisti che si possono permettere un poco di cavalli sotto il culo. Supera la porta del casello per i veicoli agli 80 all'ora. La strada è a tratti dissestata e fa rollare paurosamente il furgone. La porta è priva delle sbarre, e al nostro passaggio scatta il flash il cui effetto sommandosi alla tensione della perigliosa circostanza determina in noi un curioso effetto drammatico.
Ci speravo. L'aeroporto è in Europa, quindi è necessario superare il Bosforo per raggiungere la nostra meta. E' notte e quindi vediamo soltanto le luci delle sponde e del castello. Sulla collina della riva Asiatica sventola, sinistramente illuminato, un enorme vessillo color sangue della Turchia.
Il Marmare si supera con un traghetto. I passaggi dei traghetti sono molto frequenti. Anche in questo contesto molto popolare l'impressione è quella di essere in un paese occidentale. Gli scolari turchi sul traghetto giocano coi cellulari e indossano abiti alla moda giovanile. Devo chiedere il permesso per passare e parlo loro in italiano. Mi osservano stupiti come se gli avessi parlato in turco.
Un tipo sul battello coi baffoni ed ubriaco ci dice che ha lavora molto a occidente, che è ormai pieno di soldi e che non gli serve più lavorare, infine che preferisce avere a che fare con gli Italiani che coi Tedeschi... sai che novità.
Bursa nella notte ha un aspetto meno metropolitano di Istanbul, anche se il confronto tra i numeri di abitanti è inquietante: Bursa un milione, Istanbul tredici milioni. L'albergo è in una parte alta indefinita della cittadina, una parte residenziale, anche se non riesco a capire la maniera in cui è organizzato il piano regolatore. Cerco vanamente con lo sguardo la Grande Moschea indicata sui siti di promozione turistica turca. Ve n'è una piccola di fronte all'albergo, senza minareto, che si rivelerà un complesso commerciale con terme, negozi e discoteca.
Grande carenza in Turchia è dell'ergonomia: lotto per minuti con l'accensione delle luci della camera, non intuendo che ricavato in un sottile pezzo di plastica incollato alla parete vi era la fessura per introdurvi la tessera magnetica.
Il gruppo vacanze Bursa si divide in due per la cena col ristorante dell'albergo ormai chiuso. Un gruppo si ferma al bar della hall, e un'altro, il mio, si avventura nel mondo musulmano.
Fuori dell'albergo ancora poliziotti, ma sembrano più dedicati alla funzione di regolazione del traffico di un incrocio di modeste dimensioni. Su tale incrocio si concentrano invece gli esercizi in cui si cuociono kebab e altre squisitezze a base di carne arrostita, o pure cozze fritte. I pochi posti, due o tre e bassissimi, a livello di casa delle bambole, sono collocati fuori della vetrina, esposti al gas di scarico del traffico veicolare. I rosticcieri svolgono pure la funzione di butta dentro.
Percorriamo qualche metro oltre l'incrocio lungo una via piena di pasticcerie con le vetrine molto più grandi di quelle delle rosticcerie, piene di coloriti dolcetti basati su varie tecnologie culinarie.
Torniamo verso la carne. Incrociamo poche donne, ma le poche sono vestite all'occidentale. Scegliamo la rosticceria con più avventori. Lo spagnolo si propone di gestire i rapporti col fornitore che si dimostra entusiasta di avere a che fare con uno straniero. Il dialogo è buffo tra i due, dove uno cita una parola, l'altro ride dando ad intendere di aver capito. Rapidamente si mettono a parlare di calcio e calciatori. Poi a dire che il cibo è buono, il kebab quanto gli spaghetti. Ci pare di capire che il tipo è curdo, perché bacia tutti quelli che se ne vanno.
Sul tavolino delle bambole troneggia il vaso di peperoncini verdi piccanti. Non stanno male con la carne arrostita.
Ce ne andiamo, il curdo mi bacia.

Bursa 5.12.05

La colazione è fondamentalmente internazione. Alla luce del giorno, l'impressione su Bursa è uguale a quella della sera precedente. Solo che ora possiamo vedere che la periferia è costituita da botteghe di garagisti e gommisti a dismisura. Molti cantieri stradali. Raggiungiamo lo stabilimento.
Jersey di cemento, percorsi obbligati per il pulmino, l'accesso è in assetto anti imboscata, quando arriviamo i guardiani sono tutti attorno minacciosi ad un fornitore dopo aver controllato i suoi documenti, preso per un braccio viene fermamente invitato ad entrare nel gabbiotto. Noi veniamo controllati attraverso un portale simile a quello degli aeroporti, mentre i bagagli sono controllati attraverso il metal detector a tappeto rotante. Ci viene consegnato un badge e il nostro passaggio attraverso i tornelli viene insistentemente controllato. Superando il valico mi accorgo che il passaggio carraio è attraversato da un pettine di lame retrattili.
L'interno dello stabilimento è più consueto.
Guardo in faccia a tutti i partecipanti all'incontro iniziale. Sembra caratterizzata dalla normale composizione etnica di una riunione a Torino. Al posto del nostro presidente in carica, in ogni ufficio è presente il padre di tutti i turchi Ataturk.
In mensa faccio la conoscenza con lo yogurt mescolato con l'acqua, l'antipasto a base di yogurt, e il dessert a base di yogurt. In tre giorni ho mangiato tutto lo yogurt equivalente a quello che ho mangiato negli ultimi tre anni... sarà che in tre anni non ho mai mangiato yogurt. Infine ingurgito una boccata di polvere marrone bevendo in una sola volta il caffè di fine pasto.
Le riunioni sono simili alle solite. Non sono le solite le prese di corrente, e mi rendo conto che l'adattatore che mi sono portato da Qui non ha il buco centrale per la spina di terra del mio PC. Quando si dice la fortuna: guardo a terra desolato e che ti trovo? Un alimentatore debitamente collegato della stessa marca del mio PC. Anche l'alimentatore è lo stesso. Devo solo collegare lo spinotto a bassa tensione e iniziare.
Altre notizie. I taksisti nel viaggio di ritorno in albergo si avventano sui pedoni e sugli altri automobilisti, e dopo poche centinaia di metri il tassametro segnava due milioni e mezzo. La lira turca in effetti, è stata tramutata in nuova lira turca, spostando la virgola decimale di sei posizioni: bisogna abituarsi alla comparsa e scomparsa di sei zeri dagli importi...

Bursa 06.12.05

Il giorno successivo mi ha messo subito in grado di fare un bilancio sui cessi. Turche ce ne, ma in minoranza rispetto il numero complessivo, senz'altro in numero inferiore alla percentuale presente nella sede italiana della mia ditta.
Ma la cosa più importante, è che solo la tazza del mio cesso era di quelle a pozza schifosa con rigurgito, simile al ritirarsi del mare prima dell'arrivo della grande onda dello tzu nami.
Il giorno dopo in riunione compare un tipo con un pc uguale al mio ma senza alimentatore. Lo osservo mentre si aggira per la stanza alla ricerca di qualche cosa. Io me ne sto zitto zitto e continuo la mia presentazione.
Degno di nota inoltre è il ritorno in albergo: l'autista affrontò un tipico percorso da navigatore GPS, normalissimo, con solo qualche buca di troppo, le banchine non transitabili e strette tanto da non permettere l'incrocio agevole tra due automezzi. Fino all'ultimo non fummo sicuri di riuscire a giungere alla meta. Sopratutto per il sorpasso di una corriera continuamente interrotto dal sopraggiungere di altri mezzi in senso contrario.
Bocciato il ristorante dell'hotel che ha come principale specialità qualunque porcheria arricchita con il concentrato di pomodoro.
Per superare lo shock del prezzo del vino locale, o come spero del vino per turisti del locale, seguo in televisione un concerto a cui partecipano alternandosi più cantanti seguiti con entusiasmo dal pubblico, e con un tipo che offre da bere il caffè ai suonatori e al bagno di folla con una caffettiera e due sole tazzine, sempre le stesse, che offre alternandole a tutti.

Bursa 7.12.05

Ultimo giorno. Incontro di chiusura. Nelle pause mi rendo conto che si possono trovare i cessi seguendo l'odore della naftalina che utilizzano non solo per odorare gli orinatoi, ma anche i lavandini.
Perdiamo la visita al mercato di Istanbul per attendere il dirigente Italiano in Turchia. Le statistiche dell'incontro: noi, da porta a porta, entrando e uscendo, 24 minuti; lui, il direttore, da culo appoggiato sulla sua poltrona a culo sollevato, 19 minuti. Col risultato che noi siamo arrivati a Istanbul alle 22 anziché alle 18.
Finalmente negli ingorghi della tangenziale della città di oltre dieci milioni di abitanti. L'autista nella ricerca dell'hotel si perde e ci chiude dentro il furgone cercando aiuto.
L'albergo è dotato di un simpatico biglietto da portare con se con le istruzioni in turco per ricondurre l'ospite sano e salvo all'albergo.
Il centro è assolutamente occidentale. Molti giovani, molte ragazze, molti negozi per lo shopping nell'isola pedonale attraversata da un cantiere ancora in funzione a mezzanotte.
Il nostro manager ci porta a colpo sicuro in un ristorante di pesce. Un butta dentro ci passa nelle mani esperte di un cameriere butta sulla tavole, che ci rifila decine di piatti senza fornirci la lista dei prezzi.
Compaiono i suonatori. Suonano musica tradizionale, ma tutti gli avventori le conoscono e le seguono con entusiasmo. Compare la ballerina, che scuote i fianchi e delle specie di nacchere ma in metallo. Complessivamente sembra più una cubista, giocando sulla bellezza e la sfacciatezza dei modi, più che sul ballo. Si colloca alle mie spalle e mitraglia una snaccherata stereo di ottone ponendo la mia testa al centro delle sue appendici. Mi volto appena e incontro lo sguardo pacifico dei seni: in tutto quel frastuono accenno un dialogo con loro... Chiudo la discussione inserendole un dollaro nel costume. Lei, i suoi seni e il dollaro se ne vanno senza dare l'impressione di essersi offesi.
I taksisti al ritorno non rilasciano ricevute, né fiscali, né su carta igienica. Nemmeno il resto. Si suggerisce di mantenere la fermezza dovuta ai peggiori loro colleghi romani.

Istambul 8.12.05

Il traffico notturno delle 4 e mezza, ora locale, è praticamente assente. Il presidio della polizia consistente.
A differenza del viaggio di andata, i controlli sono ricorrenti, all'ingresso dell'aeroporto, al check in, lungo i corridoi, sul "naso".
Mi fisso di aver lasciato il necessaire in albergo e fantastico il contenuto della mail da inviare alla sua gestione per averlo spedito indietro.
Svendo le nuove lire turche, perdendoci molto di più rispetto alla consistente svalutazione cui è soggetta.
A Torino la mia valigia tarda a comparire. Scoprirò a casa che il necessarie è stato correttamente recuperato dall'albergo.
FINE

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